La Mostra che gli è stata dedicata a Palazzo Reale merita una visita attenta e ci restituisce un pittore di certo conosciuto, ma non considerato nella sua grandezza in Italia e neppure altrove in definitiva; nonostante la Legion d’Onore che gli fu attribuita nel 1878 e l’elogio funebre sulla tomba in Père-Lachaise che gli dedicò Alexandre Dumas junior:
Qui giace il pittore Giuseppe De Nittis morto a trentotto anni. In piena giovinezza. In pieno amore. In piena gloria. Come gli eroi e i semidei.
Al netto della retorica, ai francesi piaceva molto questo italiano che sembrava inserirsi perfettamente nei canoni dominanti dell’impressionismo, cui di certo De Nittis offrì più di una sponda, almeno fino a che l’amico Cecioni non lo rimproverò aspramente per l’acquiescenza troppo smaccata che egli manifestava verso quel mondo. In effetti De Nittis è molto altro e la sua collocazione nel movimento impressionista gli sta stretta e alla lunga non gli ha affatto giovato. Del resto, se si vanno a vedere i titoli delle cinque tele che inviò all’esposizione del 1874 presso lo studio del fotografo Nadar, che segnò il suo successo definitivo a Parigi, ci si rende conto di quanto della sua esperienza italiana piuttosto che parigina vi è in quei dipinti: Paesaggi presso il Bois; Levar di luna; Campagna del Vesuvio; Studio di donna; Strada in Italia.
Parigi gli permise di condurre una vita agiata e felice seppure breve, specialmente tenendo conto delle difficoltà che aveva dovuto affrontare. Decisivo fu l’incontro e poi il matrimonio con Léontine Lucile Gruvelle, amatissima e spesso rappresentata nei suoi ritratti insieme al figlio.1
Il macchiaiolo pugliese
I suoi esordi mi sembrano non lasciare dubbi: i minuscoli quadri dedicati alla campagna pugliese intorno al fiume Ofanto, sono piccoli capolavori che mettono in evidenza una cifra stilistica che De Nittis riuscirà sempre a salvare, anche nei momenti di maggiore acquiescenza ai canoni dell’impressionismo. La luce, il gusto per i particolari, uno spirito di osservazione cha la sua pittura restituisce con grande nitidezza, sono le caratteristiche più evidenti che saranno reiterate nella bellissima sequenza di quadri dedicati all’eruzione del Vesuvio, che gli permisero aggiungere un altro elemento che tornerà nei migliori quadri parigini: la capacità di sfumare, di rarefare la luminosità. Nella sequenza vesuviana è la polvere che scaturisce dalle eruzioni a creare nuove suggestioni, ma diventerà poi una cifra stilistica ulteriore che si manifesterà in modo particolare in alcuni quadri, per esempio il numero 11 della mostra intitolato Place invalides, ma anche in un piccolo dipinto che potrebbe apparire minore come Pioppi. Il passaggio dalla Toscana e il rapporto con i macchiaioli è un ulteriore passo per rafforzare tutte queste caratteristiche.
Con questo bagaglio già notevole di esperienze De Nittis arriva a Parigi e si inserisce subito nei salotti giusti grazie all’amicizia con Goncourt, da lui ritratto. Ha accesso al salotto di Julie Bonaparte, che ritrae in modo austero e pregevole. Questo periodo, prima del rimprovero di Cecioni, è quello che lo vede più allineato con le atmosfere del Secondo impero. Lascia Parigi nel periodo della Comune, che forse gli ricordava troppo le sue disgrazie famigliari e si reca a Londra.2 Quanto ritorna è ormai una celebrità e saranno quelli gli anni della definitiva consacrazione.
Per concludere
La pregevolezza della mostra da un punto di vista di quanto è stato esposto, in quantità e qualità notevoli, è a tratti contraddetta dalle didascalie e dal titolo stesso: Pittore della modernità o della vita moderna. Quest’ultima può essere definita in tanti modi diversi, ma nel caso in questione appare del tutto parziale. Gli impressionisti e le opere di De Nittis più legate al movimento non dipingono la modernità ma i fasti e i nefasti della borghesia trionfante, con i suoi flaneurs che si aggirano sempre nei luoghi nobili della città: il Bois de Boulogne con le sue signore dai cappellini sgargianti, l’Opera, i salotti eleganti. L’altra città, gli impressionisti non la vedranno mai, ne ignorano l’esistenza o voltano la testa dall’altra parte: saranno gli espressionisti e i grandi caricaturisti come Daumier a vederla. Quanto alla pittura en plein air, De Nittis in definitiva l’aveva già scoperta sulle rive dell’Ofanto piuttosto che a Parigi. La sua grande capacità tecnica e lo spirito di osservazione gli permisero di penetrare con acutezza di sguardo nelle situazioni più diverse e ne sono testimonianza in particolare la sequenze dedicate a Parigi innevata e la brevissima ma intensa sequenza di quadri dedicati a Londra.
Quanto a Parigi, anche le sequenze più vicine al canone impressionista, portano nel dipinti suggestioni di altra natura: è così nei volti sfumati seppure eleganti di uomini e donne a passeggio. Oppure nei ritratti di donne in interni; è così nei ritratti della Bonaparte, eleganti e molto austeri, oppure nella Signora con il cane. Due dipinti in particolare mi hanno colpito, entrambi dedicati alle rovine di una parte del Louvre distrutta durante gli scontri del periodo della Comune. Uno dei due è più sfumato, le rovine appaiono tali, la folla della piazza è anonima lontana. Nella seconda versione tutto è più nitido e le rovine stesse assomigliano di più a una installazione teatrale. Fu questa seconda versione a essere premiata con una medaglia d’oro di terza classe …
Nella parte finale del soggiorno parigino qualcosa però deve essersi rotto nel profondo anche in lui e lo testimoniano queste parole, scritte nel taccuino dell’agosto del 1884:
Quanti bei progetti ho per l’avvenire! Prima di tutto ce ne andremo da Parigi, dove la vita mi soffoca: Parigi distrugge tutti. E se poi un bel giorno, mi dovessi ritrovare simile agi altri, immeschinito dall’ambizione, dalla stanchezza e dalla collera?
Parole spietate e purtroppo profetiche. Della città e dei suoi riti non ne poteva più e quello che è davvero notevole è la corrispondenza fra questo sentire e gli ultimi dipinti: siamo sempre a Parigi ma le sequenze dedicate a un pranzo familiare sulla terrazza con al centro l’amata Lèontine e il figlio e un altro dello stesso periodo lo testimoniano ampiamente. Sono immagini serene, riconciliate con la luce amica dei primi paesaggi.
L’ictus che lo colpì in modo crudele e fatale il 21 agosto del 1884 se lo portò via nel momento in cui forse era prossimo a una svolta ulteriore che ci avrebbe lasciato altre opere importanti e probabilmente diverse. Lèontine Gruvelle si preoccupò subito di preservarne le opere e catalogarle; a lei dobbiamo essere grati per averlo restituito a tutti noi nella sua reale grandezza.
1 La morte per suicidio del padre, successiva a quella della madre, segnarono pesantemente la sua vita.
2 Il suicidio del padre avvenne alla fine del periodo di detenzione di due anni. Era stato arrestato per ragioni politiche