DI MARIA TERESA CIAMMARUCONI
Intervento per la Federazione Unitaria Italiana Scrittori –
scrittori per la pace contro la guerra
Non sono una politologa e tantomeno un’esperta di strategie belliche.
Quindi non sono in grado di formulare analisi e tantomeno giudizi.
Davanti a tanti conflitti in corso resto sola, confusa, terrorizzata
Mi chiedo: come possiamo sperare nelle soluzioni diplomatiche se anche gli artisti, gli sportivi, gli uomini di cultura vengono demonizzati, emarginati e messi alla gogna proprio nei paesi europei che della pace hanno fatto una bandiera.
Noi non uccidiamo gli uomini, ma quell’occasione di confronto e dialogo che potrebbe salvarne molti.
Perdiamo un’irripetibile occasione politica.
Il direttore Valery Gèrgiev e la cantante Anna Netrèbko allontanati dalla Scala, il professor Alessandro Orsini aggredito in diretta. Alle Paraolimpiadi di Pechino esclusi gli atleti russi. E ancora: la fiera del libro di Francoforte, il festival del cinema di Vilnius, finanche la kermesse gastronomica di Parma. L’epurazione ha raggiunto tutti
Eventi straordinari che da questa guerra escono mutilati.
Ma io resto qua, nell’Italia che ripudia la guerra e con voi per qualche minuto voglio fingere ancora di vivere in pace
Io resto qua
Eih Valery, Valery Gergiev
come è andata con la Dama di picche
ero alla Scala la sera della prima e quel Čajkovskij
come lo fai tu… ora sei a Edimburgo immagino.
Scusa, forse è perché non ho orecchio musicale
ma sento che mi sfuggono troppe cose
tu sei buon amico di Anna, la Netrébko dico
quella dell’Adriana Lecouvreur subito dopo di te
sul palco del Piermarini
bella Anna- la donna più sexy della musica classica-
dice che sta riflettendo ma non ho capito su che cosa.
La sua collega – invece – la Kovàlskaya
lei sì che ha capito subito quello che andava fatto
perché si trova a Mosca. Li ha mollati su due piedi
“È impossibile lavorare per un assassino
e riscuotere uno stipendio da lui” ha ragione.
A Mosca lì sì che ci vuole coraggio perché ti mandano in galera.
Anche Olga, la libellula del Bolshoi,
ora vola insieme alle compagne dei Paesi Bassi.
La giornalista che ha fatto la sorpresa col cartello
fa gli scongiuri ma resiste a non andarsene.
Perché a Mosca non è come qui da noi
che c’è libertà di pensiero.
Per questo io resto qua
Sono così confusa perché non ho orecchio musicale
a Francoforte – invece – sono nel mio regno
carta stampata in tutte le lingue e lì l’udito mi si affina
e sento la musica di idiomi in armonia
sui banchi affollati delle idee
anche se leggo solo l’italiano
mi piace guardare pagine arabe russe e cinesi.
E poi mi piacciono gli atleti – che ragazzoni –
perché vivono nella gloria del corpo anche quando
il martirio gli spezza le gambe o gli toglie la luce dagli occhi.
Vado a Pechino alle paraolimpiadi
ci sono 32 atleti azzurri su 564 di tutte le nazionalità
per la prima volta Israele e Portorico.
Qualcuno manca all’appello… Parson parla di misure di sicurezza.
Vado e torno, ma alla fine io resto qua.
E poi mi piace il cinema
allora prendo il primo volo per Vilnius in Lituania
dove Kristina Paustian con il suo film in concorso al festival
mi narrerà la vita di quel poeta futurista russo
morto cento anni fa, giusti giusti
ne aveva 37, lui, Velim Chlebnikòv
quello che scrisse
le ragazze, quelle che camminano, con stivali di occhi neri, sui fiori del mio cuore.
saprò finalmente perché amava tanto Giordano Bruno e Copernico.
A proposito, che brutta fine quei due.
Io resto qua perché voglio essere libera
nell’Italia che ripudia la guerra
e dove oggi tutti possono dire la loro anche a sproposito
e dove sento ancora parole di pace
pace anche se non si va d’accordo
pace nella ressa di pensieri sconnessi
ché è proprio là nelle sconnessure
che sboccia l’inseminato
prodigio del non ancora detto.
Io resto qua in Italia, e a maggio vado a Parma dove 42 paesi
apparecchiano i cibi del mondo per lingue golose di gusti e di idee
insieme attorno a tavole imbandite di sapori
bevo champagne e vodka, pàlinka, corvo rosso e kvass
mi ubriaco, già lo so, perché non temo il fuoco incrociato
delle menti.
Eih Paolo, Paolo Nori!
dove vai con quel libro sotto braccio?
Hai lasciato Milano? Ti invitano – mi dici – altrove a parlare di Dostoevskij
E i tuoi allievi della Bicocca, li hai abbandonati?
tanto loro ti vengono appresso come falene attorno alla luce.
Aspetta e spiegami com’è che sanguina ancora
scusa sai, sono lenta a cogliere le strategie dei falchi
anche se non sono una colomba
da bambina mi chiamavano pupa e pupa sono rimasta
in un teatro di marionette dove non ho ancora capito
qual è il mio abito di scena.
Per sentirmi libera ho tagliato tutti i fili
che tirano braccia gambe testa
però addosso
mi pesa ancora l’ombra di una mano.
Io resto qua
anche se ci vedo sempre meno e per sete di luce
mi lascio abbagliare dalla bellezza tanto
da non vedere più la verità solo un poco nascosta dietro l’angolo
tanto da confondere il sogno di una cosa con le cose del mondo.
No, non lo voglio ancora capire che siamo in guerra.
Comunque io resto qua.