LA CENSURA NON FUNZIONA

Nel mondo

Nonostante i tentativi di oscurare tutto e nonostante la complicità di governi e media nei confronti del genocidio che si sta consumando a Gaza, l’indifferenza è stata rotta da continue manifestazioni che avvengono ovunque in Europa e nelle Americhe. Due diverse marce cui partecipa anche Articolo 21 in Italia, per andare a Rafah e cercare di forzare pacificamente il blocco israeliano, sono in corso: March to Gaza è nata spontaneamente in Francia e sta raccogliendo adesioni in tutta Europa e l’arrivo al confine è previsto per il 15 giugno.

https://www.lindipendente.online/2025/04/29/march-to-gaza-a-piedi-fino-in-palestina-per-la-fine-dellassedio/

Andrà a buon fine? Non andrà a buon fine? Poco importa, c’è, esiste è nata dal basso sull’onda di una indignazione etica e politica: non è sufficiente? Forse, ma tutto questo dimostra che il silenzio è stato rotto. Sabato scorso l’imponente manifestazione di Londra, e un’altra in Olanda:

“Olanda. Una marea rossa di 100.000 persone per Gaza a sostegno del popolo palestinese. Una delle più grandi manifestazioni degli ultimi 20 anni nei Paesi Bassi.

L’imponente corteo all’Aia e’ stato promosso da un ampio cartello di organizzazioni umanitarie e per i diritti umani, tra cui Amnesty International, Medici Senza Frontiere, Save the Children, Pax, Oxfam Novib, The Rights Forum.

Vestiti simbolicamente di rosso, i manifestanti hanno voluto ‘tracciare una linea rossa’ contro le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, chiedendo al governo olandese di intervenire per fermarle.”

Fonte: Euronews

In Italia ci sono manifestazioni diffuse ovunque e hanno avuto un grande successo. I tentativi di reprimere si inaspriscono: in Francia e in Germania ci sono casi di veri e propri attentati alla libertà d’espressione, come sta avvenendo negli Usa, eppure proprio dalla Francia è partita la carovana pro Gaza forse più importante.

Sabato 24 maggio, domani, è stata indetta una giornata di sostegno alla popolazione civile di Gaza e della Palestina, alla quale si può aderire nei modi più fantasiosi: dalle lenzuola bianche alle finestre ai messaggi sui social e alle manifestazioni. 

Tutto questo ha spinto persino alcuni governi europei ad alzare la voce, ma in particolare il quotidiano le Monde ha scritto un editoriale molto duro verso la leadership europea:

https://www.lemonde.fr/idees/article/2025/05/21/le-gouvernement-israelien-ne-doit-plus-beneficier-de-la-moindre-impunite_6607595_3232.html

I governi europei non contano nulla, anche quelli che fingono di protestare perché si servono dei servizi segreti israeliani e della loro tecnologia di guerra. Il caso italiano è particolarmente significativo con l’appalto a Paragon, lo spionaggio di giornalisti di Fan page, gli affari di Leonardo sostenuti anche dai governi precedenti e non soltanto da quello di Meloni. La sostanza è che se qualcosa si muove anche negli ambienti delle istituzioni europee o dei governi è perché le manifestazioni stanno incidendo, il discredito nei confronti del governo israeliano cresce ma coinvolge anche il consenso nei confronti dei governi europei che tacciono.

In Italia 

In Italia, il silenzio intorno ai referendum è stato rotto, a sua volta; tanto che esponenti del governo e pezzi della finta opposizione renziana dentro e fuori il Pd  hanno sentito la necessità di intervenire invitando all’astensione, un dato su cui riflettere non tanto nel senso di stracciarsi le vesti perché hanno detto qualcosa che è nel dna della loro politica reazionaria, ma perché è l’indice di un nervosismo evidente.

Infine, i programmi di riarmo europeo, si scontrano in continuazione anche con ostacoli istituzionali a livello europeo, anche se la lotta contro il riarmo europeo è più difficile complessa. Anche su questo ci sono iniziative continue a cominciare dalla Costituente della terra lanciata da Ferrajoli. Quanto alle manifestazioni esse sfoceranno nella prossima del 21 giugno:

Gli aderenti italiani alla campagna europea Stop Rearm Europe e co-promotori della manifestazione del 21 giugno sono ad oggi 312, in continuo aumento.

La lista degli aderenti italiani ed europei è sul sito di #stoprearm (lista aggiornata periodicamente).#stoprearmeurope #nowar *#PACE*

Tutto questo però invita a mio avviso anche a fare qualche riflessione sull’informazione. Come è possibile che nonostante le censure e gli atti governativi come il decreto sicurezza in Italia, tutto questo si riesca pur faticosamente a farlo? Il ruolo dei troppo criticati social a volte è fondamentale in tutto questo.

Le mobilitazioni spesso avvengono tramite una rete di passaparola diffusa che riesce ad aggirare censure e altro: non importa che occasionalmente le iniziative partono da pochi perché se la catena funziona le cifre diventano consistenti in un tempo neppure troppo lungo. In buona misura stiamo già facendo tutto questo e forse dovremmo uscire dal vittimismo. I dati lo confermano, sia grazie a facebook, il solo social che frequento, un po’ per pigrizia e un po’ perché  stare al cosiddetto passo dei tempi è sempre più faticoso. L’effetto di Instagram e Tik Tok e altre diavolerie è ancora più forte e documentato anche perché coinvolge in misura maggiore i giovani.

Con i cinque referendum sta avvenendo la stessa cosa, con alcune  differenze. In questo caso il ruolo di facebook è preponderante e lo capisco benissimo per la fatica mia a entrare in altri social; in sostanza sono un po’ le generazioni più anziane che si stanno attivando e questo è un limite, ma credo si possa invertire anche questa tendenza. Raggiungere il quorum si può se continuerà questa mobilitazione, ma serve anche una presenza nelle piazze e nelle stesse manifestazioni: anche i referendum non sono un problema diverso rispetto a riarmo e guerre in corso. Colpire i diritti sul lavoro, impedire la cittadinanza a chi vive in Italia da anni e politiche di riarmo e conseguente cancellazione del welfare a livello di scuola e sanità sono un unico processo. Votare cinque sì l’8 e il 9 giugno significa cercare di contrastarlo: non basta ma è fondamentale.

Abbiamo imparato ad aggirare i silenzi e quindi non è questo il problema, ma invece come costruire un discorso diverso in positivo piuttosto che una lamentazione.  Naturalmente i social riempiono il vuoto di una informazione maistream semplicemente indecente, tranne le solite poche eccezioni: Il Manifesto, il Fatto quotidiano, L’avvenire e talvolta anche Domani, almeno nel sottrarsi agli aspetti censori più evidenti.

I social riempiono il vuoto di informazione in modo a volte confuso? Certamente, ma credo che si confondano spesso due problemi diversi: il vuoto informativo i social lo possono aggirare, il vuoto politico no. Però credo che anche su questa ovvia constatazione, occorra qualche riflessione ulteriore.

Se i movimenti costituiscono un rizoma che non ha appartenenze e non sono un partito, occorre accettare anche una dose di confusione e d’indeterminatezza che non è di per sé del tutto negativa, anche perché siamo entrati – con la presidenza Trump – in un contesto molto più vischioso, mobile e caotico: ci sarà pure una ragione se dal suo insediamento in poi non c’è zona del mondo che sia in ebollizione! Molte di tali ebollizioni, comprese alcune di Trump, assomigliano a un motore che gira a vuoto altre no, ma saper distinguere implica anche la capacità di stare dentro il flusso degli eventi, cogliendo le occasioni che si danno senza la pretesa di comprensioni onnicomprensive che spesso danno luogo ad analisi che sembrano tanto perfette da non consentire alcuna forma di azione politica.  

Naturalmente questo non significa rinunciare a capire, le analisi e le inchieste  servono, ma se l’incertezza alberga ai massimi livelli come appare evidente, per esempio, con la guerra russo-ucraina, occorre almeno cercare di evitare di correre dietro a tutte le oscillazioni e le giravolte.  

A Londra per Gaza

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