LE ESTRANEITÀ ELETTIVE

Quelli che seguono sono altri due racconti della raccolta Figure.

LE ESTRANEITÀ ELETTIVE. PRIMA PARTE.

Charles Lutwidge Dodgson, alias Lewis Carroll, spedì ben 90.000 lettere alle amiche bambine ed intrattenne con la stessa Alice Liddell Heargraves una discreta corrispondenza, per altro ben nota. Recentemente, tuttavia, è stata ritrovata fra le carte del reverendo, una missiva indirizzata proprio ad Alice; tale lettera, che porta la data del 1 gennaio 1898, non fu mai spedita.

Alice carissima, ho davanti a me le fotografie che ti feci e ho qui alla mia destra il libro che porta il tuo nome: in quale di questi vi è più verità? Dimenticai per lungo tempo le fotografie in un cassetto e ritrovandole compresi che nascondevano un segreto. Io ti amavo, Alice, senza esserne consapevole. Ora lo sono, ma la mia vita ha raggiunto da tempo quel punto più alto da cui s’intravede soltanto la discesa e le mie stesse parole ed emozioni hanno assunto quelle forme consolidate e sicure che mi impediscono di parlarti come si conviene a una donna di cui si è innamorati. Fu soltanto un equivoco, dunque, a spingermi a scrivere i racconti che tu certo ricorderai, ma sapiente fu la mano che guidò la mia perché – se mi perdoni l’immodestia – il libro è degno dell’attenzione di cui comincia, finalmente, ad essere circondato.

Come sono ingenue, invece, queste fotografie! E quanto mi sbagliai pensando che in esse vi fosse dell’arte! Sono state scattate da un dilettante che ti costrinse ad assumere pose ridicole e un poco imbarazzanti, il cui significato recondito – peraltro – era allora ignoto a entrambi. Esse si sono vendicate di me a mia insaputa e ora mi stanno davanti come la prova ridicola di una colpa che non ebbi il tempo né la cognizione di commettere.

La vita mi ha lasciato, in cambio dell’auto inganno, agi e promesse di fama imperitura, seppure offuscata da sospetti infamanti; spero non abbia riservato a te l’altra metà dell’inganno ma che tu possa, invece, aver trovato quello che a me fu dato di scoprire troppo tardi.

Tuo affezionatissimo Charles Lutwidge Dodgson.

LE ESTRANEITÀ ELETTIVE: SECONDA PARTE.

Alice Liddell tenne un diario di cui solo recentemente si è venuti in possesso. Per gentile concessione dell’editore che ne sta curando la pubblicazione, anticipiamo una pagina di questo sorprendente documento.

10 Aprile 1902. Caro Lewis Carroll, dal giorno in cui lasciaste la nostra casa, ho pensato assiduamente a voi. Mia madre, allontanandovi da me, pensò di mettermi  al riparo da chissà quali abissi di perdizione. In realtà fece di voi un  gigante che crebbe tanto da occupare uno spazio considerevole nella mia vita interiore. Molto tempo è passato, ma soltanto ora (e me ne vergogno un po’), ho trovato la determinazione necessaria per rivolgermi a voi e svelarvi qualche segreto della mia vita.

Viaggio molto e sono diventata quella che agli occhi dei benpensanti pare una creatura inquietante e vagamente mostruosa: una donna emancipata. Mio marito non  ha retto e così sono stata costretta a lasciare la famiglia: non è stato facile per una donna di 50 anni ricominciare tutto daccapo! Dopo essermi dedicata allo studio della matematica la mia vita ha subito una svolta decisiva nel 1899. Da allora, infatti, seguo le teorie del Dott. Freud e dopo essere stata sua allieva, mi sono trasferita a Vienna dove ho iniziato a praticare io stessa la psicanalisi; disciplina che sono decisa ad introdurre anche nella nostra disgraziata Inghilterra. Dicono che abbia un talento particolare per questa professione; un poco – credo – lo devo anche a voi. Foste per me un secondo padre e forse fu proprio per avere sopportato un peso doppio rispetto alla generalità degli esseri umani, che si sviluppò in me una capacità quasi istintiva di penetrare i segreti pensieri e le angosce altrui. Tuttavia, ora che la mia vita volge verso la seconda metà e avverto l’urgenza di fare qualche bilancio, esso mi soddisfa ben poco. La mia ricchezza ed i miei agi crescono insieme alla folla di coloro che mi sono grati, ma sul risvolto di questa pagina dorata vedo precipitare la mia vita nella solitudine e la capacità di comprendere me stessa decrescere proporzionalmente ai miei successi. E così il saldo finisce per essere un numero  negativo che si scompone in cifre sempre più piccole  come  se, un pezzo dopo l’altro, parti di me si staccassero dal mio stesso corpo disperdendosi sull’uno o l’altro dei miei pazienti. Sento dire in giro che la capacità di comprendere tutto degli altri e nulla di se stessi e di coloro che sono più vicini, sia la malattia professionale degli psicanalisti. Ho letto Alice nel paese delle meraviglie, ma non mi ha fatto una grande impressione; questo, però, è un segreto fra me ed il diario che non turberà la fama crescente di cui il libro è circondato. Sono troppo vivide in me le immagini di voi che inventavate e raccontavate quelle storie! Al confronto, il romanzo mi sembra una pallida e sfocata trasposizione; tuttavia, a mia figlia piacque molto.

Apprendo dai giornali che mi scattaste altre fotografie oltre a quelle che già possiedo. Francamente non le ricordo e mi sembra alquanto strano; perché mai me le avreste fatte, poi? Non sarà l’ennesima invenzione giornalistica?

Vostra aff.ma Alice

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