IL RITORNO/THE RETURN
Il poemetto Il ritorno fu pubblicato sul numero 9 della rivista Smerilliana nel 2008. Della redazione, insieme al direttore Enrico D’Angelo, facevano parte anche Mariella De Santis, Alessandro Centinaro e Antonio Tricomi, ma anche Anthony Robbins collaborava già con la rivista. Ci eravamo appena conosciuti e non osai chiedergli subito se se la sentiva di tradurre il mio testo in inglese. Glielo chiesi anni dopo, quando la nostra confidenza era assai maggiore, ma la possibilità di pubblicare subito la traduzione non c’era. Anthony rispose subito affermativamente e si mise al lavoro: in brevissimo tempo la traduzione arrivò e ne ammirai subito la sapienza. In fondo, l’inglese è la mia seconda lingua per cui posso dirlo con qualche cognizione di causa. Lo pubblico ora, nel suo ricordo e in quello delle nostre discussioni sui poeti che amavamo, primo fra tutti Wallace Stevens.
I.
Giunsi dopo di lei alla deriva
l’oscuro già l’aveva avvolta
e quando vidi il gorgo che s’apriva
e mulinando si chiudeva
mi arrestai sgomento …
Due leggi si affrontavano feroci
due belve tatuate nella carne …
Sentivo su di me occhi segreti
e le tenebre appena alzate in volo
confondevano la scena, il mare
un sipario disteso e la platea
un cielo ed il tumulto sotto
una belva rappresa.
Quando fui pronto me li vidi accanto.
Erano in tre e il primo disse:
solo a me dovrai rispondere
va’ dunque e sii veloce,
dimentica il tuo canto
prima che il freddo ti travolga e il peso.
Così parlò il secondo:
non il tempo dovrai temere
ma la luce degli occhi
tieni lo sguardo fisso al filo.
Toccò parlare al terzo:
né il tempo né lo sguardo
ti sono nemici ma il doppio
che ognuno rode in proporzione
e l’una fiamma all’altra paga il prezzo.
Ma già non ascoltavo e più vicino
al punto dove il gorgo mi attirava
vidi l’acqua oscillare
e l’orizzonte splendere come un
diadema di pupille fisse.
Mi gettai deciso fra le urla e i flash …
Fui lesto ad afferrare il filo,
cadevo a piombo e giunsi in fretta.
II.
Il luogo era assopito nei miasmi
e un novembre eterno lo copriva,
un tonfo sordo ed isomorfo,
il vento il fiato di una iena
unico rosso un accecante faro,
l’orribile parvenza della luce.
S’agitavano le ombre nel crogiolo,
il torchio di umidi sottili
tutte le impregnava e verso il fondo
inesorabile le trascinava.
Soltanto il filo riluceva
divorava la strada verso l’alto
verso l’alto e la luce vera …
guardando dove il gioco parallelo
si trasforma in mani congiunte
vedevo la scintilla, n’ero certo
il tremito di un numero periodico,
la fragile candela dire vieni,
qui c’è una casa, un fuoco acceso …
Scendevo ancora e ad ogni balzo
usciva l’orrore dai suoi viluppi
e dalla nebbia livide le forme
e un suono d’ovatta basso e denso,
un roco fuoco di voci rapprese.
Vidi la cagna che l’aveva uccisa
con il silenzio e la mano che di lei
fu l’arma, aggrovigliata al volto
disocchiato di un amante vile …
Raggiunsi un punto vuoto
il vero fondo, là dove figure
sempre più dense e impantanate
sprofondavano e l’occhio
che le seguiva stralunava
i suoni dentro il gorgo rallentando
così che ciò che udivo e vedevo
si univa nell’impasto di ogni senso
fino al gradino ultimo del gelo.
III.
Quando tutto si calmò mi ritrovai
rivolto verso l’alto e sentivo
dietro di me scuotersi il filo
così che l’onda era per me oro
d’intimità con lei e piombo.
Mantenevo costante il movimento
ma il freddo induriva la mia pelle
più avanzavo più divenivo ghiaccio.
Risuonarono le parole del primo
e mi affrettai ma non so come
mi sembrava di essere fermo
e allora alzai gli occhi e in lontananza
vidi la scintilla, il tremolio e
fu il conforto. Ma l’attimo si spense,
alzai di nuovo gli occhi di chi implora …
………………………………………………….…….
Non è vero ciò che dissero di me
chi di noi dispone secondo legge
e muta i corpi di chi scende
e disordina ogni direzione
fece quello … Me la trovai davanti
che andava nell’opposta via,
lei la tanto amata, già divenuta
grotta di sé, parola di granito.
IV.
Balzai nell’aria come un urlo perso
e caddi come un mimo disossato.
Quando toccai la dura terra
vidi il mio strumento abbandonato
che girava già di mano in mano
e il canto un suono dissipato
correva tra le folle della spiaggia
avvelenava i figli e rimbalzava
come un eco distorto di quell’oro.
Ero solo con il mio fiato …
E vidi il quarto, il signore
dell’enigma e dell’oblio incidere
nel cerchio dove tutto è prima
che scritto il segno del silenzio
perché un altro immemore riscriva.
I.
I came well after her to the edge
the dark had already swallowed her
and when I saw the whirlpool opening
and swirling close on itself
I stopped in horror…
Two savage laws confronted each other
two beasts tattooed in the flesh…
I felt I was watched by secret eyes
and the dark just risen in flight
confused the scene, the sea
a flat curtain and the sky
its theatre, and the tumult below
a clotted wild animal.
When I was ready I saw them close by me.
Three of them, and the first said:
Only to me will you have to answer
go then and be rapid
forget your song
or the cold or your weight will whelm you.
Thus spake the second:
Not of time shall you have fear
but the light of their eyes,
keep yours fixed on the clue.
The third spake in turn:
Nor time nor their eyes
are enemies, but your double:
each wears down the other in equal measure
and each flame pays the price to the other.
But now I had ceased heeding and nearer
to where the whirlpool drew me
I saw the water dancing
and the horizon shining like a
diadem of fixed pupils.
I threw myself straight between the howls and
the lights, quickly seized the clue
fell like lead and landed straight.
II.
Sunk in miasmas the place slumbered
and endless November lay over it,
a dull isomorphous thud was
the wind like a hyena’s hot breath,
only the red of a blinding beacon
the horrible illusion of light.
The shades writhed in their melting-pot,
the press of subtle liquids
impregnated all of them and
resistless dragged them to the bottom.
Only the clue glimmered
devouring the way up
the way out to the light of day…
looking where the parallels
change to joined palms
I saw the spark, I was sure of it
the tremor of a recurring number,
the feeble taper saying come,
here there’s a home, a fire lit…
Further I descended and at each bound
the horror loomed out of its drapes
and from the livid mist the forms
and a muffled sound, thick and low,
the hoarse rasp of clotted voices.
I saw the she-hound that had killed her
with silence and the hand that was its
weapon, entangled with the eyeless
visage of a repulsive lover…
I reached an empty space, which was
the real bottom, there where figures
ever thicker, ever more steeped in mud
sank deeper, and the eye that
followed them gaped wide,
the sounds in the gorge dying down,
so that what I heard and saw
was mixed in a soup of all my senses
down to the last dread step of ice.
III.
When it all died down I found myself
looking upward and I felt
the clue quivering at my back
so that to me the wave was the gold
of intimacy with her and also lead.
I kept moving constantly
but the chill hardened my skin
and the further I went the more I froze.
The words of the first returned to me
and I hastened on, but I know not why
I felt immobile, stock-still
and so I raised my eyes and far away
saw the spark, the trembling and
this brought me solace. But the moment died
and again I raised my eyes in supplication…
……………………………………………………………….
There’s no truth in what they said of me:
he who disposes of us according to law
and changes the bodies of those who descend
and confuses all directions, he it was
who did this…I found her before me
moving the opposite way,
her the much loved, already become
a cavern of herself, a granite word
IV.
I leapt in the air like a lost shout
and fell like a boneless mime.
When I touched the hard earth
I saw my abandoned instrument
already passing from hand to hand,
and the song was a melting sound
running around the beached crowds
poisoning its sons and returning
as a twisted echo of the lyre’s gold.
Alone I was with my sole breath…
And I saw the fourth one, the lord
of the enigma and forgetfulness,
trace in the sand where all – before
being written – is the sound of silence
so that another forgetting writes again.