WILLIAM BLAKE: CANZONI DELL’INNOCENZA E DELL’ESPERIENZA

Premessa

La maggioranza dei critici ha evidenziato come la poesia di Blake trovi le sue fonti ispiratrici nella ribellione intransigente e senza compromessi al razionalismo. Perciò la sua ricerca di poeta, ma anche di intellettuale e artista incisore, sarebbe rivolta all’immaginazione pura, popolata di visioni interiori e densa di simboli a volte oscuri, sempre attingenti a fonti esoterico/religiose. Sebbene tutto questo sembri molto ovvio, Blake non si adatta così perfettamente come sembra a tale interpretazione. Il primo a metterne in discussione l’esclusività in Italia fu Agostino Lombardo, ma la storia dei rapporti fra Blake e la poesia nonché la critica italiane comincia ben prima di lui e cioè con Mario Praz, di cui esistono vecchissime traduzioni di alcune liriche, senza un preciso orientamento critico. Il punto di svolta fu l’antologia curata da Giuseppe Ungaretti.1 Al poeta va riconosciuto il merito di aver tolto Blake dall’oblio e di averlo proposto al pubblico italiano; ma anche il torto di averne canonizzato un’interpretazione, con qualche forzatura nelle traduzioni. Ungaretti lo considerava grande poeta nei Libri Profetici e si limitò a trattare gli altri testi contemporanei e i precedenti in modo da farli apparire preparatori a questi ultimi. Non è un caso che nella sua Antologia le poche Canzoni presenti rimandino al dopo, a parte La tigre, una lirica talmente famosa e celebrata da trovare posto in qualsiasi antologia. 

Bisogna attendere gli anni ‘80 del secolo scorso perché lo scenario cominci a cambiare.

Una prima svolta avvenne grazie a una scelta editoriale: la pubblicazione presso l’Editore Guanda dell’opera completa di Blake per  la traduzione e la cura di Roberto Sanesi. La ricca introduzione, nonché la possibilità di leggerlo per intero resero più evidente la complessità dell’opera blakiana.2

La lettura che propongo parte dalla convinzione che la linearità d’interpretazione critica in senso esoterico e religioso sia basata sulla rimozione del carattere originale delle Canzoni. Ciò che viene rimossa, in particolare, è la frattura che si produce nel pensiero e nella poetica di Blake. Parlo di frattura e non di sviluppo di alcune premesse piuttosto che altre perché è proprio su tale diversa analisi che si basa la costruzione di un Blake solo visionario ed esoterico. La diversità profonda e irriducibile che esiste fra Le Canzoni dell’Innocenza e dell’Esperienza e le altre opere, a partire dal Poemetto Il Matrimonio dell’Inferno e del Paradiso, per terminare con Jerusalem, è solo parzialmente radicata nella cronologia. Le Canzoni non sfociano nei Libri Profetici, ma sono contemporanee ad alcuni di essi, anche se il loro linguaggio così tipico e lo stile che le contraddistingue verranno abbandonati dal poeta. Insisto ulteriormente sull’esistenza di questa frattura mettendo in evidenza un’altra reticenza. Nessuno ha mai definito le Canzoni una raccolta minore, cosa che avviene sempre quando si riconosce in alcune opere il faticoso sorgere di un’ispirazione poetica che trova poi il suo compimento in opere successive e maggiori; ma vi è di più. Se si esamina un secolo di giudizi critici si scopre come siano proprio i Libri Profetici a essere più vistosamente criticati. Quale lettura diversa si può allora dare dello sviluppo della sua poetica, nonché  del suo pensiero?

William Blake, come altri giovani artisti e intellettuali fu un protagonista appassionato degli eventi storici e artistici del suo tempo. L’influenza che ebbe su di lui la Rivoluzione Francese fu pari a quella che ebbero sul suo pensiero le teorie di Swedenborg o la lettura della Bibbia. Tutto questo può risultare stridente e contraddittorio, ma i cambiamenti epocali che si stavano verificando mettevano a dura prova tutte le tradizioni e i riferimenti, aprivano la strada ai dubbi e alla molteplicità delle soluzioni possibili. La Rivoluzione Francese esercitò su di lui un’influenza più duratura di quella che ebbe su altri suoi contemporanei; penso per esempio a Wordsworth, passato in pochi anni dall’entusiasmo fanatico all’adesione a correnti reazionarie di pensiero. Gli eventi francesi suggerirono a Blake la necessità dell’impegno e lo si ricorda girare per Londra con il berretto frigio, fino all’arresto. Va detto a questo proposito che non si tratta della semplice sparata provocatoria di un artista d’avanguardia; portare il berretto frigio a Londra, quando lo fece lui, era qualcosa di più di un semplice gesto provocatorio. Blake, oltretutto, non era un Byron ante litteram e non ha mai avuto una propensione per il gesto fine a se stesso e amava assai poco esporsi in pubblico. Secondo Sanesi si può affermare che fosse un giacobino, ma credo che con Blake bisogna sempre essere molto attenti a non prendere posizioni troppo nette o a credere troppo a certi suoi interventi estemporanei, nei quali si trova facilmente un’affermazione e poi il suo contrario. La contraddizione è il vero motore del suo pensiero, come peraltro è lui stesso a dire in una pagina dei suoi scritti:

Do what you will, this Life’s a Fiction/And is made up on Contradictions.

Fate ciò che volete, questa Vita è una Finzione/costruita di Contraddizioni.3

Tuttavia il suo spirito democratico è confermato anche dall’entusiamo nei confronti del processo d’indipendenza delle colonie americane dall’Inghilterra. Agostino Lombardo notò per primo come gli eventi francesi suggerissero a Blake l’ispirazione più sociale e attenta alla concretezza del vivere, tematica che è abbondantemente presente nelleCanzoni, diventando invece sempre più rarefatta nel Libri Profetici, o tradotta in figure e visioni simbolico-religiose.

Poesia e poetica delle Canzoni

Nelle Canzoni la tensione religiosa, sempre presente, è affiancata da uno sguardo penetrante e attento, filosofico e al tempo stesso francamente realista, che trova i suoi oggetti e materiali nella realtà sociale del suo tempo. Per esemplificare tale diversità di fonti e ispirazioni vediamo due testi. Il primo è tratto dalle Canzoni dell’Innocenza e s’intitola the Chymney sweeper. Siamo nel 1794, cioè quando alcuni Libri considerati minori erano già stati scritti e pubblicati con la tecnica dell’incisione. Il secondo testo è uno stralcio da The Marriage of Heaven and Hell, probabilmente composto fra il ’90 e il ’92.

When  my mother died I was very young,/And my father sold me while yet my tongue/Could scarcely cry “weep! weep! weep! weep”!/So you chimneys I sweep, & in soot I sleep.// There’s little Tom Dacre, who cried when his head,/That curl’d like a lamb’s back, was shav’d : so I a said:/”Hush Tom,! Never mind it , for when your head’s bare/You know that the soot cannot spoil your white hair”.//And so He was quiet, & that very night/As Tom was a-sleeping, he had such a sight!/That thousand of sweepers, Dick, Joe, Ned & and Jack,/When all of them look’d up in coffins  of black.!!And by came an Angel who had a bright eye,/And he open’d the coffins & and set them all free;/Then down a green plain leaping, laughing, they run,/And wash in a river, and shine in the Sun.//Then naked and white, al their bags left behind,/They rise upon clouds and sport in the wind;/And the Angel told Tom, if he’d be a good boy,! He’d have God for his father, & and never want joy.//Ad so Tom awoke; and we rose in the dark,/And got with our bags & and our brushes to work./Tho’ the morning was cold, Tom was happy & warm;/So if all do their duty they need not fear harm./

Quando morì la mamma ero molto piccolo,/E mio padre mi vendette mentre/ la lingua era ancora solo pianto./ Ora pulisco i vostri camini e dormo nella  fuliggine.// C’è Tommy Dacre che pianse quando gli rasarono/la testa riccia come una schiena di agnello./Gli dissi: “Dai, Tom non prendertela/così la testa calva non scompiglia/i tuoi capelli bianchi.”// E lui allora si calmò e quella notte/ebbe nel sonno una visione/Migliaia di spazzacamini, Dick, Joe, Ned & Jack/imprigionati in bare di fuliggine,//E venne un Angelo con la chiave lucente/aprì le bare e li liberò e corsero/sulla verde pianura e risero/Poi si lavarono nel fiume e brillarono al Sole// Nudi e bianchi, lasciate le  sacche/volarono sopra le nubi, giocarono nel vento./E l’Angelo disse a Tom se sarai bravo/avrai Dio come Padre e non ti mancherà la gioia//E Tom si svegliò e ci alzammo nella tenebra;/E lavorammo con i sacchi e le scope/Era freddo quel giorno ma Tom era caldo e  felice./Chi fa il suo dovere nulla ha da temere.

Da The marriage of heaven and hell

As a new heaven is begun, and it is now thirty-three years since its advent: the Eternal Hell revives. And lo! Swedenborg is The Angel sitting at the tomb; his writings are the linen clothes folded up. Now is the dominion of Edom, & the return of Adam into Paradise; see Isaiah XXXIV & XXXV Chap:

Without Contraries is no progression. Attraction and Repulsion, Reason and Energy, Love and Hate, are necessary to Human existence.

From these contraries spring what the religious call Good & Evil. Good is the passive that obeys Reason [.] Evil is the active springing from Energy.

Good is Heaven. Evil is Hell.

/Poiché un nuovo cielo ha avuto inizio, e si è ora compiuto il trentatreesimo anno dal suo avvento, l’Inferno Eterno rivive. E ecco! È Swedenborg l’Angelo che siede presso la tomba: e quei sudari di lino ripiegati sono i suoi scritti. Ora è il regno di Edom, e il ritorno di Adamoin paradiso. Cfr Isaia, cap xxxiv e xxxv.

Senza contrari non c’è progresso. Attrazione Repulsione, Ragione e Energia, Amore e Odio sono necessari all’esistenza Umana.

Da questi contrari ha origine ciò che i religiosi chiamano Bene e Male. Bene è il passivo che obbedisce alla Ragione. Male l’attivo che scaturisce dall’Energia.

Bene è il Cielo, Male è L’Inferno.6

Come si può notare, la distanza è grande: diversi sono il linguaggio, lo stile, il  rapporto fra senso e suono: vedremo poi in un secondo tempo quale trasformazione subirà Lo spazzacamino nelle Canzoni dell’Esperienza. 7

La raccolta fu concepita in modo unitario, sebbene le due sezioni siano state in un primo tempo pubblicate separatamente. Fra di esse vi è infatti un parallelismo evidente e questo è un motivo originale di quest’opera: dare lo stesso titolo a due liriche appartenenti ciascuna all’altra sezione, ma intorno allo stesso tema di fondo. Tale scelta stilistica fa balzare in primo piano la contraddittorietà dei due stati d’animo in evidente opposizione fra loro ed in tensione continua; ma anche nei casi in cui due liriche hanno titoli diversi, l’opposizione è altrettanto vistosa. Tale opposizione è in alcuni casi portata ai suoi estremi, come accade in queste due famose liriche  dal  titolo diverso ma speculari:  Divine image e Human  Abstract.

The Divine Image. 

To Mercy Pity Peace and Love,/All pray in their distress:/And to these virtues of delight/Return their thankfulness./For Mercy Pity Peace and Love/Is God our father dear:/And Mercy Pity Peace and Love,/Is Man his child and care./For Mercy has a human heart/Pity, a human face:/And Love, the human form divine,/And Peace, the human dress./Then every man of every clime,/That prays in his distress,/Prays to the human form divine/Love Mercy Pity Peace./And all must love the human form,/In heathen, turk or jew./Where Mercy, Love & Pity dwell,/There God is dwelling too.

L’immagine divina

A Clemenza, Pietà, Amore e Pace,/tutti si rivolgono nella disperazione/e a tali delizie virtuose/restituiscono gratitudine/Perché Clemenza, Pietà, Amore e Pace/Sono Dio e nostro Padre caro:/E Clemenza, Pietà, Amore e Pace/Sono l’uomo suo figlio e cura.//Perché Clemenza ha un cuore umano,/Pietà un volto umano:/Amore l’umana divina forma/la Pace il vestito umano//Così ogni uomo ovunque sia/e preghi nella sua disperazione/prega l’umana divina forma/Amore, Clemenza, e Pietà e Pace.//E  tutti devono amare la forma umana/ pagani, turchi ed ebrei:/dove hanno casa Clemenza, Amore e Pietà/Dio è in quella casa.

The Human Abstract. 

Pity would be no more,/If we did not make somebody Poor:/And Mercy no more could be,/If all were as happy as we;/And mutual fear brings peace;/Till the selfish loves increase./Then Cruelty knits a snare,/And spreads his baits with care. /He sits down with holy fears,/And waters the ground with tears:/Then Humility takes its root/Underneath his foot./Soon spreads the dismal shade/Of Mystery over his head;/And the Catterpiller and Fly,/Feed on the Mystery./And it bears the fruit of Deceit,/Ruddy and sweet to eat;/And the Raven his nest has made/In its thickest shade./The Gods of the earth and sea,/Sought thro’ Nature to find this Tree/But their search was all in vain:/here grows one in the Human Brain

L’astratto umano.

Pietà non esisterebbe più/se non facessimo di qualcuno un Povero:/E Clemenza non ci sarebbe,/Se tutti fossero felici come noi;//la paura reciproca porta pace;/fino a che non crescono gli amori egoistici./Poi la crudeltà tesse un cappio/e dispone con cura le sue esche./seduta con i sacri timori,/inonda la terra di lacrime;/poi l’Umiltà mette radici/sotto i suoi piedi/Presto si diffonde la triste ombra/del Mistero sopra la testa/di cui il bruco e la mosca si nutrono/E cresce il frutto dell’inganno,/dolce e rossastro alla bocca,/dove il Corvo ha fatto il nido nell’ombra più fitta./Gli dei della terra e del mare,/cercarono tale albero nella natura/ma non trovarono nulla;/ne cresce uno nella mente umana. 8

Nella prima lirica le parole Amore, Carità, Pace e Pietà, sono una rappresentazione simbolica in  forma di litania dei valori cristiani cui tutti si rivolgono nella disperazione. Nella seconda lirica lo stesso lessico, le stesse parole, diventano grazie a una sapiente partitura, espressione di falsa coscienza. La religione appare in questa seconda lirica come ideologia e gli accenti usati da Blake non sono distanti da quelli che userà Marx pochi decenni dopo quando definirà la religione oppio dei popoli. Certo, l’orizzonte di Blake è lontano da quello di Marx. Il poeta non vedrà la dimensione di massa e collettiva dei fenomeni urbani che osservava. Per lui non esistevano gli spazzacamini oppure i minatori o gli operai, ma sempre  lo Spazzacamino, l’Operaio, il Minatore.9

Tuttavia, non c’è forse in queste due liriche l’immagine di un mondo che si è spezzato e l’impossibilità di ricostruire quel ciclo armonico natura/esseri umani/dio che sostanziava l’esistenza di quei valori di cui si parlava nella prima lirica? Qui la rappresentazione poetica di Blake tocca un nervo scoperto della sua epoca storica. Non è proprio allora che, in Inghilterra, la Rivoluzione Industriale stava portando a compimento la separazione degli esseri umani dalla natura e dagli strumenti del loro lavoro?

Non era questo medesimo passaggio che colse Wallace Stevens più di cento anni dopo quando a proposito della società statunitense, si espresse nel modo che qui riporto da una nota del saggio dedicato a lui?

… La realtà è data dalle cose così come sono… Dapprima abbiamo una realtà che viene data per scontata, latente e tutto sommato ignorata. È l’agiata vita americana degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso e del primo decennio dell’attuale. C’è poi una realtà che ha cessato di essere irrilevante, e questo si è avuto quando, una volta accantonati i vittoriani, le minoranze intellettuali e sociali hanno cominciato ad occupare il loro posto, trasformando la nostra vita in qualcosa di potenzialmente instabile. Di fronte a questa realtà, molto più vitale, quella precedente appare simile a un libro di litografie stampate da Rudolf Ackermann o a uno dei libri di schizzi svizzeri di Töpffer…

In queste espressioni si ritrova una versione Usa di età dell’oro cui Stevens, a differenza di Blake, credeva fino a un certo punto fin dall’inizio; ma che segnava comunque un passaggio epocale. Le minoranze intellettuali di cui parla Stevens, vanno di pari passo con lo sviluppo dell’industrializzazione statunitense: saranno loro a dissolvere quanto di vittoriano esisteva ancora nella società dei puritani d’America, aprendo le porte ai ruggenti anni ’20, immortalati dai romanzi di Francis Scott Fitzgerald. Stevens si richiama maggiormente a Wordsworth, ma in alcuni passaggi e figure emblematiche come in quella del sarto, troviamo echi che si possono ricondurre anche a Blake. Peraltro, anche nell’Inghilterra della fine del ‘700 e poi dei primi trent’anni del successivo, le minoranze intellettuali erano già attive anche in quel contesto e avrebbero resa ancor più evidente la scissione in atto. Blake sentì la sinistra musica dei tempi prima di altri e spesso la polemica antirazionalista diventa, nei testi delle Canzoni, molto di più una polemica antiborghese che scaglia i suoi strali sugli aspetti drammatici di una realtà sociale sempre più cinica e violenta nei confronti dei più deboli.

Il linguaggio  e  la scelta  stilistica  sono  naturalmente fondamentali in un’opera letteraria, perché ne sono il tratto distintivo saliente. Gli esempi già proposti sono sufficienti  a  dimostrare  la  lontananza  che  esiste  fra le Canzoni e i Libri Profetici: è un argomento che possiamo archiviare. Il titolo stesso dell’opera suggerisce che si tratta di componimenti popolari, solitamente brevi, generalmente lirici. Per i suoi ritmi, la canzone è lontana dalla solennità del linguaggio oracolare e visionario. Il primo componimento della raccolta, nella sezione Canzoni dell’Innocenza è assai importante a tale proposito:

Introduction

Piping down the valleys wild/Piping songs of pleasant glee/On a cloud I saw a child./And he laughing said to me./Pipe a song about a Lamb;/So I piped with merry chear,/Piper pipe that song again—/So I piped, he wept to hear./Drop thy pipe thy happy pipe/Sing thy songs of happy chear,/So I sung the same again/While he wept with joy to hear/Piper sit thee down and write/In a book that all may read—/So he vanish’d from my sight./And I pluck’d a hollow reed./And I made a rural pen,/And I stain’d the water clear,/And I wrote my happy songs/Every child may joy to hear

Introduzione

Suonando lungo valli selvagge/suonando canzoni di gioia e piacere/Sopra una nuvola vidi un bambino,/Ed egli mi disse://”Suona una canzone dell’Agnello!”/E io suonai con allegria/”Dai suona ancora, suonatore, la canzone.”/Ed io suonai di nuovo le stesse canzoni/mentre lui piangeva di gioia.//”Suonatore, lascia il tuo flauto, siediti e scrivile/in un libro che tutti possano leggere”./Scomparve poi dalla mia vista,/ed io colsi una canna vuota//ne feci una penna rurale/macchiai l’acqua limpida/e scrissi le mie canzoni felici/ogni bambino le può ascoltare con gioia. 10

Si tratta di una dichiarazione di poetica e i testi che seguono sono coerenti con tale intento. La difficoltà delle Canzoni non deriva dalla loro oscurità, ma discende paradossalmente dalla loro semplicità, dalla chiarezza disarmante di certe soluzioni, dalla trasparenza d’immagini che sembrano tanti quadretti naif. È sorprendente constatare come non sia stato messo in evidenza un fatto che i testi invece documentano: la rottura rispetto ai modelli della poesia inglese settecentesca, fu Blake a compierla, prima che Wordsworth e Coleridge dichiarassero pubblicamente tale intento nel famoso Preface alle Lyrical Ballads. Se si considerano alcuni punti di quel documento, essi sono ben presenti in Blake e sono precedenti. Vi sono almeno tre elementi significativi comuni: l’irrompere del parlato nella versificazione, l’uso del linguaggio comune e popolare nella poesia, i prelievi diretti dalla tradizione folkloristica. Altre caratteristiche non sono presenti, così come saranno diverse le soluzioni. Infine, un tema controverso riguarda l’Arcadia: si può dire che Blake ne fosse un esponente? Non mancano i testi che giustificano tale giudizio e secondo il critico Gerald Parks, la sua appartenenza a quella corrente è data per scontata. In particolare penso che egli abbia in mente la prima sezione e cioè i Canti dell’Innocenza. 11

Tuttavia un certo sentore di arcadia è presente anche in Wordsworh, per esempio in uno dei suoi testi più famosi: The solitary reaper. In lui, però e a differenza di Blake, prevale sempre di più l’espressione del sentimento legato ai sensi, la sua forza ed è per questo in definitiva che riconosciamo nella sua opera gli stilemi romantici. In Blake vi è una netta contrapposizione fra lo scenario agreste e quello urbano: anche in Blake la scena rurale è idilliaca, ma perché il poeta non saprà cogliere il nesso sociale che trasformerà milioni di braccianti e piccoli agricoltori in fuga dalle campagne in tanti spazzacamini e poi in operai nelle città. Nel testo blakiano si passa dal piano della realtà agreste – che certamente può essere ricondotta a un paesaggio idilliaco e quindi vicino al movimento dell’Arcadia – al simbolico religioso. Il bambino che invita il poeta prima cantare e poi a scrivere una canzone dell’agnello è una figura angelica, cioè un mediatore con il divino.12

Tuttavia, Blake non ha affatto una visione idealizzata del lavoro in generale, solo che le figure prevalenti della sua critica sono di carattere urbano, a parte gli spazzacamini che si ritrovano un po’ ovunque. Anche il testo di Wordsworth ha elementi che lo riportano all’Arcadia, perché bisogna davvero ignorare cosa succedesse nella campagne inglesi in quel momento storico per immaginare una mietitrice come la giovane della poesia. La protagonista del testo di Wordsworth incarna il rimpianto per un mondo contadino che non esiste più. In Blake tali elementi arcadici sono più presenti, specialmente nelle Canzoni dell’Innocenza, ma vengono rovesciati nel contrario di una idealizzazione nella seconda parte del testo.

Questa constatazione rende ancora più bizzarra una certa critica che sottolinea sempre come la diversa fortuna e successo di Wordsworth, Coleridge e Blake andasse cercata nella natura ostica del testo blakiano, nella sua complicata partitura. Come si può vedere facilmente, tali giudizi rimuovono l’esistenza delle Canzoni e prendono in considerazione solo la simbologia del Libri.

La minor fortuna di Blake va cercata in altro: prima di tutto nel suo atteggiamento pre moderno per quanto attiene il rapporto con il pubblico.

Wordsworth e Coleridge, pur detestando formalmente la società industriale, furono più consapevoli dei suoi meccanismi; la loro Prefazione alle Lyrical  Ballads fu un vero manifesto che suscitò un forte richiamo sull’opera. Non solo: i cenacoli e le serate di letture erano frequenti e a esse partecipavano anche poete. Insomma, i due seppero ben curarsi delle necessità di creare un pubblico della poesia che coinvolgeva anche le donne. Blake, nonostante certe frequentazioni, rimane un artigiano e in questo senso appartiene a un mondo preindustriale e pre moderno. Rifiutava sdegnosamente di leggere in pubblico per esempio. La sua visione del lavoro artistico rifugge dagli aspetti salottieri e di massa che si andavano diffondendo. Wordsworth e Coleridge, invece, hanno molti tratti in comune con l’artista sradicato dalla società da un punto di vista del loro modo di vita; ma ben più integrati nei suoi meccanismi sociali. Essi furono i primi artisti/intellettuali di una nuova era. Blake rimase al di qua della problematica che riguarderà i rapporti fra l’artista moderno ed il suo pubblico, anche se per altri aspetti, fu addirittura più moderno dei due romantici della prima generazione; per esempio nel cercare una forte simbiosi fra la pittura e la scrittura attraverso l’incisione. Fu uno dei primi artisti dell’epoca a sentire la necessità di una sinergia fra le arti e se pensiamo all’’800 dovremo aspettare qualche decennio perché un altro grande artista – Richard Wagner – parlasse di arte totale. Ciò che non va mai dimenticato di Blake, è la sua perenne oscillazione fra due tendenze e mondi che lo lacerano in continuazione: in lui convivono aspetti moderni e pre moderni in una continua tensione, anche se alla fine saranno i secondi a prevalere.

Vi è poi un’altra ragione della sua minore fortuna, connessa a un fattore più complesso e che toccherà in sorte anche a Wordsworth e Coleridge, nonostante la loro maggiore  capacità  di essere uomini del mondo nuovo che stava nascendo. Con la Rivoluzione Industriale il pubblico borghese in senso moderno, assegnava fatalmente un ruolo diverso alla poesia nell’ambito delle arti e della cultura. Quel programma di rinnovamento linguistico da cui sia Blake, sia i due romantici erano partiti, sarà sviluppato per tutto l’800 – e con ben altri mezzi – dai prosatori, dai romanzieri, dai critici letterari e d’arte – si pensi al ruolo di John Ruskin – dai giornalisti. Il rinnovamento prenderà quella strada, approfondendo una tendenza che era già nata e si era consolidata nel ‘700, durante il periodo più  stabile  della  società  inglese  dopo che i rivolgimenti del secolo precedente, erano culminati nella Glorious Revolution. Il mandato di fungere da mediatori sociolinguistici, non era più esclusivo dei poeti e dei filosofi; dopo i romanzieri sarà la volta degli scienziati sociali e degli scienziati tout court, degli antropologi, degli economisti e dei politici. Con la Rivoluzione Industriale gli intellettuali moderni diventano un gruppo sociale con dinamiche proprie anche di potere. Baudelaire è ancora lontano, ma s’avvicinano i tempi in cui l’aura cadrà dalle teste dei poeti laureati. Questo passaggio sfuggì a Blake nella stessa misura in cui sfuggì a Wordsworth e a Coleridge, ma a Blake in definitiva poco importava. Agli altri due sì, ma a leggere le loro biografie, specialmente quella di Wordsworth, si ha la sensazione di finire su un binario morto.

Le fonti linguistiche delle Canzoni

Due mi sembrano le più importanti: la tradizione e il folklore popolare da un lato, i canti del radicalismo puritano dall’altro. Per quanto riguarda la prima è interessante notare come, nella lirica The Blossom, sia citato Pretty Robin, il pettirosso, che rimanda ai canti popolari della festività di San Giovanni a metà giugno, con tutti i rimandi  precristiani  e  pagani  che esso ha:

Merry, Merry Sparrow!/Under leaves so green/A happy Blossom/See you swift as arrow/Seek your cradle narrow/near my Bosom.//Pretty, Pretty Robin/Under leaves so green/A happy Blossom/Hears you sobbing, sobbing/Pretty, Pretty Robin,/Near my Bosom:

Passero, Passero felice!/Sotto foglie così verdi/un Fiore gioioso/ti vede veloce come freccia/mentre cerchi/la tua minuscola culla accanto al mio seno//Sei bello pettirosso/sotto foglie così verdi/un fiore allegro/ti sente piangere e piangere/Bel pettirosso/accanto al mio seno. 13

Infine, l’uso del dialogo nei testi poetici. Esso è fra le scelte stilistiche più suggestive delle Canzoni e apre le porte a sviluppi successivi che percorreranno la poesia inglese del secondo ottocento: si pensi al dramatic monologue di Robert Browning. Sono in molti ad essersi avvalsi di Blake, anche se non sempre lo hanno riconosciuto o si sono ricordati di lui.

Concludo questa parte lasciando l’ultima parola di nuovo a tre testi. Appartengono tutti alla seconda delle sezioni, Canzoni dell’esperienza. Il primo è Lo Spazzacamino simmetrico e dissonante rispetto al testo che si trova nella prima sezione. Il secondo, The Garden of Love, riprende con modulazioni leggermente diverse gli stessi temi di Human abstract. Il terzo s’intitola Londra ed è assai interessante perché si tratta della sola vera incursione di Blake nello scenario nuovo della grande città industriale.

The Chimney Sweeper

A little black thing among the snow:/Crying weep, weep, in notes of woe! /Where are thy father & mother? say?/They are both gone up to the church to pray./Because I was happy upon the heath,/And smil’d among the winter’s snow:/They clothed me in the clothes of death,/And taught me to sing the notes of woe./And because I am happy, & dance & sing,/They think they have done me no injury:/And are gone to praise God & his Priest & King/Who make up a heaven of our misery. t

Una piccola cosa nera in mezzo alla neve/ che piange ue ue tristemente/” Dove sono tuo padre e tua madre, dimmi?”/” Sono in Chiesa a pregare.//” Poiché ero felice nella brughiera/ E ridevo in mezzo alla neve invernale:/mi vestirono con gli abiti della morte,/mi  insegnarono  a  cantare  le  note  della tristezza”//” E poiché sono felice e ballo e canto/ pensano di non avermi ferito/e sono andati ad adorare Dio, i suoi Preti  e il Re/che han fatto un paradiso della  nostra miseria.”

The Garden of Love.

I went to the Garden of Love,/And saw what I never had seen:/A Chapel was built in the midst,/where I used to play in the green.//And the gates of this Chapel were shut,/And “Thou shalt not”writ over the door;/So I Turn’d to the Garden of Love/That somanyswee flowers bore;/And I saw it wa filled woth graves,/And tomb-stones where flowrrs should be;/And priensts in balc gowns where walking there round/And binding with briars my joys & desiers./

Andai al Giardino dell’Amore,/e vidi ciò che mai avevo visto:/una Cappella stava nel mezzo,/dove nel verde avevo giocato.//Erano chiusi i Cancelli della Cappella,/”Tu non devi” scritto sopra la porta;/volsi lo sguardo al Giardino d’Amore/che tanti generò dolci fiori;//Vidi ch’era cosparso di tombe/e lapidi di pietra dov’erano i fiori;E Preti in nere gonne giravano in tondo/e legavano coi rovi le mie gioie e i desideri./

London

I wander thro’each charter’d street,/Near where the charter’d Tames does flow,/And mark in every face I meet,/Marks of weekness, marks ov woe.//In every cry of every Man,/In every Infant’s cry of fear,/In every voice, in every ban,/the mind-forge’d manacles I hear.//How the Chimneys-sweeper’s cry/every black’ning Church appals;/ And the hapless Soldier’s sigh/Runs in blood down  Palace walls.//But thro’ midnight streets I hear/How the youthful Harlot’s curse/Blasts the new born Infant’s tear,/ And blights with plagues the Marriage hearse./

Vago per ogni celebre via,/Là dove scorre il famoso Tamigi,/E noto in ogni volto che incontro/Segni di debolezza, segni di dolore.//In ogni grido di ogni Uomo,/In ogni urlo di paura di un bambino,/In ogni voce, in ogni divieto/Io Sento le catene forgiate dalla mente //Come l’urlo dello Spazzacamino/sporchi di nero e atterisca ogni chiesa;/e il sospiro del Soldato sventurato/insanguinare le mura del Palazzo.//Io sento nelle strade di mezzanotte/come la maledizione della giovane prostituta/spegne la lacrima del noenato/e copre di peste la bara del matrimonio./ 14

La poesia è scritta al presente indicativo, il suo tono è dolente, nel leggerla viene spontaneo scegliere il sottovoce, una nota costante di sventura avvolge il testo in un’atmosfera lugubre e infernale. Pur trattandosi di un testo isolato, i modi con cui il poeta si accosta alla città anticipano scenari che saranno celebrati da Baudelaire qualche decennio dopo, con una differenza sostanziale: mentre per il poeta francese la città può essere sordida ma anche fonte di esperienze straordinarie, per Blake, la città industriale è un Inferno nell’al di qua. Una eco di quest’ultimo testo lo ritroveremo in un passaggio molto celebrato di Waste Land

Per concludere

La collocazione di Blake nella cultura e nella poesia di fine ‘700 e inizi ‘800 ha arrovellato i critici, dal momento in cui il poeta è stato veramente scoperto e cioè a metà del 1800 e questo è certamente sorprendente se si considera che era invece conosciutissimo da tutti, tanto che ci sono battute su di lui e aneddoti raccontati dai contemporanei.15 Tuttavia, la particolarità delle sue scelte editoriali, fecero sì che le sue opere fossero stampate e messe a disposizione di pochi amici, concepite come veri e propri libri d’arte in cui la parola e l’incisione, la struttura grafica, la stessa modalità di stampa ne facevano dei pezzi unici replicati in pochi esemplari. La sua attività d’incisore vanta fra l’altro l’illustrazione assai preziosa della Divina Commedia.

La prima biografia autorevole del poeta è quella di Alexander Gilchrist del 1863! Da quel momento inizia il dibattito sulla sua collocazione: proto romantico o esponente dell’Arcadia? Oppure romantico non riconosciuto? Esoterico irrazionalista o anomalo giacobino?

Böhme e Swedenborg sono certamente i suoi punti d’arrivo e vanno in una direzione ben definita, ma lo diventano solo in ultima analisi e la stessa oscurità dei simboli blakiani e del suo linguaggio hanno anche una motivazione mimetica, annunciata dallo stesso poeta, necessaria secondo lui a proteggerlo dalla reazione, dall’oscurantismo e persino dalla censura. Dunque la scelta di passare dal linguaggio delle Canzoni a quello dei  Libri ha pure una motivazione extra letteraria. Esagerava nel ritenersi così pericoloso per il potere? Sicuramente sì e nella sua eccentricità più volte ricordata da tanti è possibile leggere anche un disagio e un disturbo più profondi; ma che una delle ragioni del ricorso al mimetismo fosse quella di nascondersi al potere è indubbio.

L’immagine che mi suggerisce il suo tormentato e affascinante percorso è quella di un uomo che sente la terra sotto i suoi piedi spaccarsi e dividersi in due continenti che si stanno separando. Lui tenta di resistere con un piede su entrambi, ma questo alla lunga non è possibile. L’intento unitario che ispirava le Canzoni, peraltro, deve essere apparso a lui stesso come il sogno di una ricongiunzione impossibile fra i due continenti. Esse, infatti, non rappresentano soltanto due stati della persona umana, ma due diverse ere nello sviluppo dell’umanità; un’età  dell’oro – per Blake lo era davvero e dunque è lecito usare tale espressione – che sta finendo, un oscuro nuovo che nasce e rispetto al quale egli manifesta una lacerante ambivalenza; affermazioni che possono essere ricondotte all’adesione verso questo nuovo, convivono con il rifiuto radicale e irriducibile del medesimo. Quando fu costretto o si sentì costretto a scegliere su quale continente continuare a vivere, Blake si rivolgerà a un progetto grandioso: quello di ricercare in un nuovo sincretismo adatto ai tempi la religione del futuro. Il percorso che lo porterà ai Libri profetici inizia dalla Bibbia del 1611, cioè la Bibbia per eccellenza degli inglesi, che esercitò anche un ruolo di alfabetizzazione di massa e contribuirà fortemente al processo rivoluzionario e repubblicano di Cromwell. Proprio ai Levellers e ai Diggers, le ali più radicali  della Rivoluzione continuerà ad ispirarsi Blake e saranno loro, in definitiva, a portarlo a Swedenborg. Come si vede è una tradizione molto particolare e molto anglosassone. Da quel momento in poi Blake si scaglierà in modo veemente contro tutti gli aspetti della modernità e questa è la ragione che mi induce a prudenza quando si usano per lui parole come giacobino o anarchico. È vero che sostenne, per esempio, il libero amore, seguendo il pensiero di Godwin e Wollstonecraft e la cosa gli costò certamente le critiche dei benpensanti; ma è pur vero che rimase fedelissimo alla moglie per tutta la vita, perché in definitiva non sentiva in quelle idee il proprio habitus.

Blake, infine, rimane pre moderno sotto due aspetti fondamentali ed è proprio rispetto a tali questioni che, per quanto mi riguarda, va nettamente separato il poeta dal pensatore.

Prima di tutto la sua ostilità alla scienza, ribadita in prese di posizioni nei confronti di Bacon e di Newton, confondendo nel primo caso la parte scientifica del suo pensiero con la sua rozza filosofia. Insofferente e ostile a Voltaire – come lo capisco! –  era in secondo luogo irriducibilmente anti materialista e fu questo in definitiva ciò che lo spinse nella direzione di un esoterismo sempre più oscuro, nel quale è assai difficile seguirlo.

Infine, mi piace però ricordarlo anche per un altro aspetto. Blake fu un uomo profondamente buono e mite, in un’epoca di grandi antipatici – Wordsworth – di tigri che stavano diventando squali sociali feroci e pronti a tutto – i padroni delle ferriere e altri squali. C’è in lui la conservazione di un’innocenza primaria che fu la sua difficile salvezza, ma che lo condannò in molti momenti all’isolamento, alla solitudine e all’incomprensione.


1Agostino Lombardo fu allievo di Mario Praz e appartiere a quella generazione di critici e accademici che hanno fondato l’anglistica e l’americanistica in Italia insieme a Melchiorri. Fu docente anche a Milano per alcuni anni e fu proprio allora che assistetti a due sue lezioni alla facoltà di Lingue della Bocconi: una su Troilo e Cressida di Shakespeare e l’altra su Blake. Ungaretti aveva cominciato a interessarsi a Blake fin dal 1936, quando pubblicò qualche traduzione del poeta inglese in un’antologia che comprendeva anche traduzioni di altri poeti fra cui Gongora e Pierce. Nel 1965, uscì Visioni per gli Oscar Mondadori, interamente dedicato a Blake.

2 Nel 1980 Sanesi tradusse per Guanda I Libri profetici, nell’’84 Opera intera di W. Blake, seguita dalla traduzione del Paradiso perduto di Milton nel 1987. Particolarmente importante è il saggio introduttivo di Sanesi stesso ai Libri profetici: per chi voglia avventurarsi nella decifrazione dei simboli e delle figure simboliche che popolano i testi si tratta di uno strumento imprescindibile nella critica italiana. Quanto a quella anglosassone e statunitense, i maggiori critici se ne sono occupati. L’opera profetica di Blake è particolarmente adatta a un testo come Il grande codice di Northorp Frye. Con questa espressione il critico intende la Bibbia, considerata come uno degli archetipi dell’intera letteratura occidentale.

3 Il giudizio di Sanesi, ripreso più volte,  si trova nel saggio introduttivo ai Libri proftici Guanda 1984. La citzione  si trova in W.Blake, Complete  writings, pag. 751. Le traduzione dei testi delle Canzoni sono mie. Il criterio che ho cercato di seguire nella traduzione privilegia il mantenimento del ritmo e del tono, sacrificando quasi sempre la rima, assai difficile da rispettare a causa di alcune caratteristiche oggettive della lingua inglese, per esempio l’esistenza di rime grafiche che tuttavia non sono rime sonore, oppure il contrario. Quanto all’uso delle miuscole ho deciso di rispettare l’uso che ne fa il poeta, nonostante più di un critico abbia notato come Blake sia piuttosto disinvolto in materia.

6 Il libro da cui ho tratto l’originale è W. Blake Canzoni dell’innocenza e dell’esperienza, Edizioni Studio Tesi, contiene un’importante introduzione di Gerald Parks. L’ho scelto per l’importanza del saggio introduttivo. Il secondo testo è tratto da W. Blake Libri profetici, The marriage of Heven and Hell, a cura e traduzione di Roberto Sanesi,  Biblioteca della Fenice, Guanda, 1980 pag.18.  

7 In origine Blake diede all’opera anche un sottotitolo: Songs of Innocence and Songs of Experience: Shewing the Two Contrary States of the Human Soul. Canzoni dell’innocenza e canzone dell’Esperienza: Che mostrano i due stati contrari dell’animo umano. Il sottotitolo è assai importante perché in esso il poeta definisce in termini chiari  quale fosse il suo intento.

8 Op. cit. pp.28 e 118.

9 L’affermazione può sembrare troppo forte se si considera che Blake frequentò per un certo periodo il circolo radicale e anarchico di William Godwin e Mary Wollstonecraft. In certe dichiarazioni, in effetti, Blake sembra comprendere la dimensione sociale e di massa dell’impoverimento collettivo causato dalla Rivoluzione Industriale, ma la sua vicinanza ai deboli e agli umili non uscirà mai del tutto dalla dimensione morale per abbracciarne una politica e sociale. In ogni caso rinvio alle conclusioni per una più attenta riflessione su questa tematica. 

10 Il testo in inglese è tratto da W. Blake Canti dell’innocenza e dell’esperienza, introduzione di Gerald Parks, Edizioni Studio tesi, Pordenone 1995,  pag. 6.

11 Gerald Parks si sofferma su questo problema nel saggio introduttivo di cui sopra.

12 Questo passaggio dal bambino all’Angelo ha fatto scrivere a una parte della critica, che le Canzoni preparano i Libri Profetici.  Tale affermazione mi sembra ingiustificata sotto due aspetti. La cronologia la smentisce perché alcuni dei Libri furono scritti in contemporanea alle Canzoni e quindi le differenze di stile e linguaggio sono una scelta ben consapevole compiuta da Blake. In secondo luogo, la decisione di indirizzare la propria ricerca verso un linguaggio esoterico sempre più oscuro, avverrà più tardi e fu determinata anche da fattori extra letterari, come vedremo.

13 Le leggende intorno al pettirosso sono diffuse in tutto il mondo. Nel folklore francese e britannico era associato nientemeno che al dio del tuono Thor; più simpaticamente era l’uccellino che indicava come l’inverno fosse alle porte e infatti tutti i riferimenti all’uccellino si richiamano al solstizio d’inverno. Nelle campagne inglesi e scozzesi era assai diffusa – non so se lo sia ancora – una filastrocca che cantavano i bambini, dal titolo Who killed Cock Robin? Chi ha ucciso il pettirosso (Robin in inglese). Secondo la leggenda era Primavera a ucciderlo con una freccia e questo significava che l’inverno era finito. Anche Frazer, ne Il ramo d’oro,  si sofferma su molti aspetti diversi dei culti celtici e anglosassoni legati al passaggio dall’inverno all primavera, ma in lui troviamo anche qualcosa di più che ci riporta a Blake. Nel capitolo intitolato Il culto degli alberi nell’Europa moderna, vine ricordata una maschera molto diffusa per la festività del Primo di maggio, o Cantar maggio, cerimonie diffuse anche in Italia. La maschera ricordata da Frazer è quella di Jack-in-the-green (Gianni nel verde), uno spazzacamino che gira per la festa dentro una struttura di vimini ricoperta di foglie.  In James. G. Frazer, Il Ramo d’oro, volume primo, Euroclub, su licenza Boringhieri, Cartiere del Garda, pag. 205. 

14 William Blake, Canti dell’innocenza e dell’esperienza, Edizioni Studio Tesi,  Pordenone 1984, pp. 88-9, 108-9 e 114-15.

15 C’è una parola che ricorrre spesso negli aneddoti su Blake, facilmente reperibili anche in rete: eccentricità. In qualche caso ci si spinge più in là, parlando di bizzarrie e anche di momenti di diffidenza paradossale che sconfinano in atteggiamenti che possono far pensare alla mania di persecuzione.