Il vecchio e il cane sono seduti nello stesso posto e vicino a loro si portano due figure entrambe maschili: una si siede a apre un giornale, l’altra è in piedi, di fronte a quella seduta. Si parlano senza guardarsi; ogni volta che pronunciano una battuta chi parla si gira per vedere in faccia l’altro e l’altro si gira a sua volta, così che non si vedono mai.
C.: Eh su dai, dimmelo! Non perdóno il tuo gesto, perché non riesco a spiegarmelo, ma lo potrei capire se tu avessi l’umiltà di parlarmene con sincerità una volta per tutte!
E. M.: Ma che vuoi sapere e poi parli in un modo; perdóno, ma che parola è, cosa vuole dire perdóno?
C: Lo sai cosa voglio sapere, te l’ho detto: perché l’hai fatto? La conoscenza, il sapere sono sempre positivi. Con il tuo gesto hai bestemmiato contro ciò che è più nobile in un essere umano: il desiderio di conoscenza.
E.M: Ma chi ti capisce a te. Lo sai che cos’è un carrubo?
C: Un che?
E.M: Un carrubo: è un albero che cresce nella mia terra, in Sicilia, un carrubo ne sa più di me e di te messi insieme.
C: Vuoi dirmi che la natura è saggia, che le sue leggi sono chiare e comprensibili e meravigliose: sono d’accordo, è quello che penso anch’io e quanto più le conosciamo e quanti di più sono coloro che le conoscono, queste leggi, tanto meglio vivremo tutti.
E. M. La natura non ha leggi, e noi niente sappiamo. Siamo soltanto asini che scalano la montagna; se alziamo la testa cadiamo in un fosso, se la teniamo bassa vediamo i nostri piedi.
C: Tu neghi l’evidenza, non è vero che non sappiamo nulla, pensa a quella meraviglia che è il moto dei gravi.
E. M: Stanno in cielo i gravi e noi siamo qui, li guardiamo i gravi, niente facciamo ai gravi e quando facciamo noi qualcosa è nel piccolo. E sai che cosa? Distruggiamo. Sì, noi distruggiamo, distruggiamo e basta!
C: A cosa stai pensando?
L’altro si volta e lo guarda un attimo, sorpreso, come se si accorgesse di lui per la prima volta … Sorride mestamente e distoglie di nuovo lo sguardo dall’interlocutore
E. M.: Tu sei buono, lo so, tu vuoi il bene.
C: Sì, ora ti capisco. Il bene! Sì, io voglio il bene e il bene è la ragione, la capacità di dare un ordine razionale alle cose.
E. M: l’ordine è come la palla di mercurio che schizza via con traiettorie perfette, disegna mappe d’incredibile bellezza, si divide e si riunisce, affascina, diventi pazzo a seguirla; ma se cerchi di capire il senso di tutto quel suo muoversi non ne ricavi nulla, ogni riga è diritta e precisa ma tutte le righe insieme fanno un gomitolo di niente.
C: Ma di quel gomitolo ne capiremo sempre di più e se insegniamo a molti ciò che abbiamo capito aumenteremo le conoscenze globali che un popolo possiede e se da questo popolo il sapere si diffonde agli altri ecco che l’umanità intera ne avrà gran beneficio. L’ignoranza è relativa, ma la conoscenza è assoluta!
E. M: D’assoluto c’è soltanto la morte.
C: E dai, è facile rispondermi così, non sono sciocco e incolto come credi, anch’io li conosco i filosofi. Hai usato un sofisma. Perché vuoi dare di te questa immagine? Anche ora, anche qui?
E. M: Ma che sofisma, non siamo forse morti qui? E tu continui come se ancora fossi di là, la ragione, la ragione, ma quale ragione! Ma che t’importa di quello che ho fatto. Niente ho fatto, niente facciamo che lasci tracce durature e se qualche segno lasciamo, sarebbe stato meglio non farlo: guarda i fisici che hanno voluto andare avanti con quelle ricerche. Che cosa hanno trovato? Li vedi gli effetti della loro scienza, della loro ragione? Cumuli di morti: non si muore più uno per uno e nemmeno a migliaia, si muore per grandi numeri, tutto qui.
C: Perché si è smarrita la ragione, non perché la si applica. I tuoi argomenti vengono in mio soccorso, tu sei dominato dall’orgoglio, dal piacere di seguire la tua intelligenza corrosiva, dissolvi tutto come un agente chimico, ma lo dissolvi nel pensiero e tutto si ferma lì: sei un sofista, che si diverte a giocare con le parole e i concetti. L’intelligenza verbale è un belletto, un travestimento che s’indossa a carnevale; e allora diverte, è piacevole a vedersi, può addirittura insegnare qualcosa. Se lo s’indossa tutti i giorni, allora mio caro diventa una maschera mortale. Ritirarti non ha impedito alla scienza di andare avanti, il tuo gesto non ha frenato il progresso perché nulla può farlo. Ti darei ragione se tu fossi riuscito a impedire il male, ma esso è andato avanti per la sua strada senza di te e tu sei rimasto indietro.
E. M: Indietro, avanti, concetti relativi. Noi guardiamo avanti ma gli effetti di ciò che fa la nostra mano stanno dietro di noi perché l’intelligenza arriva prima di tutti gli effetti, che sono lenti, più lenti del pensiero. E così ciò che il nostro occhio d’aquila vede davanti a sé, la mano lo taglia dietro di noi subito dopo che i nostri progetti si realizzano e noi precipitiamo come quel contadino delle mie parti che segava i rami degli alberi standoci a cavallo e finiva per terra senza capire il perché. Ecco chi siamo, con tutta la tua ragione questo siamo e continuiamo ad essere, nei secoli dei secoli.
C.: E amen, adesso non ti accontenti più della tua fede e ti metti anche a fare il prete. Guarda che quando si va un po’ troppo lontano da una parte si finisce per trovarsi dall’altra. Il pensiero è rotondo come la terra che abitiamo e se non stai attento ti trovi alle spalle quello che avevi pensato di allontanare da te per sempre. Tu non credi negli assoluti e va bene, neppure io. La Rivoluzione combatté contro gli assolutismi di ogni genere, ma tu alla fine di assoluto riconosci soltanto il tuo. Tutto è relativo, tranne le tue convinzioni. Ti sei messo al posto di dio.
E.M: Ahhh, addirittura, al posto di dio! Io mi sentivo un sasso chiamato verso il fondo di una materia oscura che diventava sempre più chiara, troppo chiara. In fondo a quella catena di atomi che si scioglievano davanti al mio sguardo, davanti alle mie formule, che come un libro aperto mi mostravano quella potenza abissale e smisurata, in fondo a tutto quello io vedevo il demonio, non dio! Per questo mi fermai, distrussi tutto, ma non bastava. Volevo sottrarmi alla tentazione, non ero così ingenuo come tu credi. Sapevo benissimo che avrebbero continuato, vuoi che non ne trovassero almeno uno? Ce n’erano migliaia pronti a farlo, che bussavano alle porte, pur di inebriarsi a quella fonte così potente! Loro volevano essere dei, non io! Mi arresi quando capii che per fare il male ne basta uno solo; per il bene bisogna che lo vogliano molti, se non proprio tutti.
C: E per arrivare a tutti occorre la pazienza del pedagogo, il tempo lungo della storia, la forza calma del piccolo passo, del piccolo gesto, tutte virtù che tu non avevi.
E.M: Chi va troppo in là in una direzione non può andare nell’altra. Quelli come te camminano in pianura, portano il peso sulle spalle come i viandanti, distribuiscono i doni del sapere, come tu li chiami, a tutti. Chi come me va troppo a fondo non crede più di poterlo fare. Siamo su due assi cartesiani asimmetrici.
C.: Ma c’è sempre un punto in cui i valori dei due assi s’incontrano! Non sarai proprio tu a negarlo.
E.M.: No, non lo nego di certo, ho usato un paradosso; ma questo punto che tu dici è sempre più vicino al grado zero. Non te ne accorgi? Non li senti quelli che arrivano ora? Sanno tutto, conoscono la media aritmetica di ogni verità, sono dei collezionisti. Tutti sanno qualcosa in più, ma quello che sanno non serve più a nulla. La verità quando si consolida è più ingannevole del peggiore degli errori, che almeno in teoria può essere corretto; ma chi può correggere una verità divenuta inservibile per l’abuso che se n’è fatto? Il sapere esteso a tutti non è altro che il museo delle verità passate di moda.
C.: Ma ci sarà sempre qualcuno che ne porterà di nuove, che sarà andato in fondo come dici tu, nel cuore della miniera; questo non è contrario alla ragione. Abbiamo compiti diversi: quelli come te devono potere scendere in pace perché siete gli esploratori. Noi abbiamo un compito più modesto: divulgare, estendere, dare a tutti i mezzi per potere imparare. Per questo la Rivoluzione mi affidò l’incarico più delicato: insegnare a tutti la ragione. Fui io a inventare la pubblica istruzione e grazie a me milioni e milioni di esseri umani sono stati strappati all’oscurità dell’ignoranza. Ora che tutto è precipitato nella mancanza di senso, o sembra che così sia, io mantengo alto il mio pensiero.
L’uomo smette di colpo di parlare, sospira e allarga le braccia, poi riprende.
É il sapere che si è corrotto, non l’idea rivoluzionaria di dare a tutti il sapere; ma non so perché ciò stia accadendo.
E.M.: Perché chi scende nella miniera, se ritorna, lo fa troppo tardi e chi è rimasto non può capire la primizia che l’altro gli porta, tanto meno utilizzarla perché si trova invischiato in verità più modeste che lo avviluppano e lo rendono cieco. È questa la disparità che vidi. Quando compresi, grazie ad Albert, che il tempo era il più grande inganno, allora ebbi la certezza dell’ineluttabilità del male. A questo volli sottrarmi, perché non potevo più combattere. Accettai il mio limite, ma non riuscivo a restare fra i molti che attendono passivamente il disperdersi della verità in una nuvola di polvere! Scelsi di essere l’uno irriducibile. Non dio, ma l’uno. Fui il primo a capire che la nuova fisica avrebbe portato alla costruzione di armi orribili. Non mi ritirai clandestinamente in convento, come fu detto; quella è letteratura. Ridicolo! Attendere una vita intera con la paura di essere scoperto! Gli uomini non sono mai così forti come s’immaginano di essere, ma solo in certi momenti ed è in quelli e solo in quelli che diventano veramente uomini; perché sanno andare fino in fondo. Io, forte, lo fui soltanto la notte in cui decisi di scomparire per sempre; quello fu il mio gesto, se ti accontenti della mia spiegazione. Se non puoi accoglierlo cerca da solo un’altra soluzione; io qui ti lascio.
Si aprono le porte e una delle due figure esce, insieme a molti altri. Il convoglio è quasi vuoto, poi cominciano a salire altre figure. Due di esse si siedono accanto al vecchio e al cane. Una delle due si accomoda sul sedile e distende comodamente le gambe. L’altro, invece, se ne sta rannicchiato in una posizione goffa, con il capo piegato di lato in una posa contorta. Subito dopo entrambi si materializzano come reali.
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