Dramma in quattro atti, un prologo e un epilogo scritto da Franco Romanò.
Questo testo teatrale è stato scritto molti anni fa e proposto per la rappresentazione a diverse compagnie e registi. Da molti giudicato valido da un punto di vista letterario ma pressoché non rappresentabile per la staticità delle scene e l’eccessiva densità di personaggi, se ne è rimasto acquattato fra i miei file per lungo tempo. Decisi a proporlo anche in forma di lettura scenica a Giacomo Guidetti e Barbara Gabotto. Con l’aiuto prezioso di Francesco Orlando, con cui ho discusso una parte del testo e la disponibilità altrettanto preziosa del compianto Roberto Carusi, la lettura scenica si fece 7 maggio 2008 allo Spazio Scopricoop via Arona 15. In scena: Roberto Carusi (Caronte), Ulisse Romanò (Leone Trotzskj), Irene Burratti (Malinche). Regia di Giacomo Guidetti Contributi scenici di Barbara Gabotto.
Nel 2016, uno stralcio del testo e precisamente il monologo di Picasso, ribattezzato Il Minotauro e la scimmia fu pubblicato sul magazine del Wall Street Journal Italia, diretto da Nathalie Dodd. Il testo fu rappresentato a Milano per la regia di Stefano Tenconi. Una seconda e libera versione tratta dal medesimo testo e intitolata Pablo, è stata messa in scena da Fabrizia Fazi a Massa Carrara e a La Spezia.
Ora ho deciso di proporre l’intero testo qui. Continuo a pensare che un testo teatrale debba trovare in scena la sua morte; tuttavia credo che nel blog possa fare la sua figura anche come testo letterario. Poiché le diverse parti – sono tutti dialoghi a due – godono di una loro autonomia, la pubblicazione avverrà atto per atto a cominciare dal prologo per finire con l’epilogo. Qui di seguito però riporto tutti i personaggi in ordine di apparizione per dare a chi legge un’idea del testo nella sua interezza.
PERSONAGGI IN ORDINE DI APPARIZIONE.
Caronte e Cerbero.
Leone Trotzsky e Malinche (il suo nome è incerto perché appare con diversi nomi negli annali: si sa comunque che fu l’interprete e traduttrice fra Fernando Cortez e Montezuma).
Jean-Antoine Condorcet ed Ettore Majorana. Condorcet si può considerare il primo ministro dell’istruzione pubblica.
Bach e Picasso.
Moana Pozzi e Sigmund Freud.
PROLOGO
La scena è in penombra, leggermente nebbiosa: è una banchina, s’intravede la sagoma di una grande imbarcazione. Giungono dei rumori attutiti, in un alternarsi caotico. Suoni, voci che a volte sembrano di gioia, poi diventano strazianti, poi battute scherzose o spot pubblicitari. In scena c’è soltanto un vecchio con una folta barba, seduto su una roccia. Si alza inquieto, tende l’orecchio e scuote la testa, portandosi le mani alle orecchie. I rumori cessano di colpo, il vecchio distende le braccia, guarda verso il pubblico rimanendo ancora in silenzio per qualche secondo, poi si alza in piedi e inizia a urlare stringendosi la testa fra le mani. Il personaggio di Caronte usa diverse lingue e dialetti; la soluzione migliore per quest’ultimo sia di inserire espressioni dialettali dei luoghi in cui il testo venga rappresentato, a sostituire le espressioni che nello scritto sono in dialetto milanese.
Caronte: Enough, enough! I’m tired! Anche prima li sentivo ridere, piangere, vusà me’ i matt, solitari o in tanti. A volte era la pugna, oppure lo strazio di una madre, sempre lì a strepenare. Idioti! A cercare di capire, a capire cosa, what!
Scuote la testa e si siede di nuovo, la scena si illumina leggermente di più e per pochi secondi si sentono ancora i rumori. Il vecchio sembra non accorgersene più; è di nuovo silenzio, ricomincia a parlare in modo concitato ma senza urlare come prima.
Tutti passavano di qui. Pero no voy a fahlar de los muertos, ma dei vivi … alive. Si tuffavano e andavano giù, io li avvertivo, be careful! Guardate che ben pochi ci sono riusciti. A loro non facevo pagare le due monete, ai vivi dico. Tornavano diversi, tenìan una luz en lo ojos, ademàs la tristeza che volevano cancellare scendendo, risalendo la portavano doppia. Come il musico, Orfeo, poor boy, lui ci credeva e non è vero che si è voltato io ho visto tutto. Lui pensava di andare giù e invece andava su se l’è trovata davanti, de bótt, una maschera di ghiaccio. Non l’ha nemmeno visto lei e quando quello con le ali glielo ha detto che lui si era voltato lei gli ha risposto Who? Chi? Non si ricordava più di lui!
Lunghi sospiri, irrompono di nuovo i suoni, poi di nuovo silenzio. Il vecchiosi mette a impastare del pane con l’acqua e continua a parlare.
Li ricordavo tutti quando tornavano la seconda volta, quelli che erano scesi anche da vivi. Tremavo solo per loro quando li accompagnavo. Gli altri, cosa volete, ognuno ha il suo karma e di certe vite cosa vuoi farne, di certe anime perse. Con loro era diverso, el coeur el me batéva fòrt mentre arrancavo al bivio e stavano per dirmi dove li dovevo traghettare. Trattenevo il fiato. Tutto finito adesso, vivo di ricordi come tutti i vecchi e sono stanco; la memoire est le répas de celui qui va a mourir: a cosa serve una porta se non l’attraversa nessuno?
Intanto ha finito d’impastare del pane con acqua, si asciuga le mani, torna a sedersi sulla panca e mette la ciotola per terra, poco distante da lui; poi alza lo sguardo in direzione di quella che sembra una montagnola di stracci. È Cerbero.
Amico mio, il solo rimasto! Magna che l’è prùnt! Eh ridete, ridete, ma qui la borsa è vuota, i patti non erano questi! Da qui dovevano passare tutti, anche dopo il cambio di gestione, era un gentlemen’ agreement, cosa sono in fondo due monete! Sarà questa poi la ragione? Gli ultimi due vivi che volevano andar giù hanno persino cercato di fingersi morti per derubarmi gli oboli della giornata! Fuck them! Che vadano all’inferno, non era mai accaduto che qualcuno avesse una tale mancanza di rispetto. Cosa credete che si tratta solo di portarli di là? Vi sbagliate! Quando arrivano da noi, hanno, gli occhi aperti, sono pieni del mondo, sentono il richiamo, tienen la vida en los ojos. Ci voleva tempo per preparare la barca, loro si spengono lentamente, talvolta li scuoto, y despuès se llega, empieza el tiempo de l’olvido, ritornano nella valle dove si erano spogliati delle vite precedenti e poi …e poi non li vedo più, it’s not my business, sono il guardiano della soglia io, posso soltanto immaginare cosa ci sia dalla vostra e da quell’altra che sta di là. Ma a cosa serve una soglia se non c’è più nulla da attraversare. È per questo che mi sono deciso, mettetevi nei miei panni! Come posso continuare a fare finta di niente? Riuscite a immaginarle le mie giornate? Qui in questo luogo tetro, puzzolente. Una volta non ci facevo caso, mai un momento di sosta, di respiro e non mi sono mai lamentato. Ora di notte mi sveglio di colpo, sento le urla di quelli che trasportavo e mi sembra che siano tornati, ma quando mi alzo il y a un silence … Ho deciso di scendere. Sì, io! Avete capito bene? Ho deciso di scendere e lui verrà con me, non lo lascio qui. Domani ce ne andiamo.
Si guarda intorno, quasi volesse imprimersi negli occhi la scena, nel presentimento di abbandonarla per sempre, poi si distende sul giaciglio. Buio e cambio di scena.
I TESTI PUBBLICATI IN QUESTO BLOG SONO DI MIA PROPRIETA’: CONSENTO LA LORO STAMPA IN FORMA CARTACEA PER SOLA LETTURA E LA CITAZIONE DEL MIO NOME IN CASO DI UTILIZZO IN VOSTRI SCRITTI.